Un ateo, anticlericale laicista militante, un razionalista ostinato, un empio rigoroso. Sono queste le definizioni con cui lo scrittore spagnolo Javier Cercas, uno degli scritti spagnoli più conosciuti e letti, si presenta all’inizio del suo romanzo intitolato “Il folle di Dio alla fine del mondo”, edito in Italia dalla casa editrice Guanda e tradotto in più di trenta lingue.
Il libro, in cui l’autore racconta il suo viaggio in Mongolia dal 31 agosto al 4 settembre del 2023 insieme a Papa Francesco, è un racconto magistrale e personale che fa i conti con le grandi domande di senso che accompagnano da sempre la vicenda umana. E’ vero che esista la vita dopo la morte? Nella forma narrativa che lo reso celebre, quella del “romanzo senza finzione”, Javier Cercas cerca una risposta alla domanda che nessuno può fare a meno di porsi, fondendo in queste pagine le sue più intime ossessioni con una delle preoccupazioni fondamentali della società contemporanea: il ruolo della spiritualità e della trascendenza nella vita umana, che inevitabilmente si confronta con la religione e il desiderio di immortalità.